IL MESSAGGERO
Caos intercettazioni la legge rischia il rinvio
Orlando: cambieremo
Camera, in aula l`esame della riforma del processo penale
Tensione sulla norma che vieta gli audio e i video “rubati”
IL CASO
lun.27 – ROMA Il rinvio a settembre è più che probabile, praticamente scontato. Da oggi il disegno di legge sul processo penale, con la delega al governo per riformare le intercettazioni, approda all`esame dell`Aula di Montecitorio. Ma tutto lascia preludere che, vuoi per l`ostruzionismo dei pentastellati, vuoi per la valanga di emendamenti preannunciati da M5S e per i tempi d`aula non contingentati, a giovedì prossimo si arriverà, bene che vada, votando solo alcuni dei 32 articoli ma non di certo l`intero provvedimento.
Tantomeno il “famigerato” articolo 29, quello che concede un anno al governo per riscrivere le norme che garantiscano la tutela della riservatezza delle persone che, pur non indagate, finiscono intercettare; il medesimo articolo
che in Commissione Giustizia alla Camera è stato ampliato da Alessandro Pagano (Ncd-Ap) con un emendamento che prevede il carcere da 6 mesi a 4 anni per coloro che diffondono riprese audio o video «fraudolentemente effettuate» con lo scopo di «recare danno alla reputazione o all`immagine altrui». Emendamento ribattezzato «ammazza-Iene» ma che per, l`autore, per il viceministro Costa che ha dato parere favorevole e anche per Scelta civica, ha come obiettivo non il bavaglio al giornalismo d`inchiesta ma «gli abusi che rovinano la vita delle persone». Pesano però le perplessità del ministro Orlando, che alla vigilia dell`aula fa sapere: «O ritocchiamo la norma per escludere i giornalisti oppure ne facciamo un punto di delega più
generico a tutela della privacy dei cittadini». «Chiariremo la norma»,
assicura il ministro Boschi.
LE MODIFICHE
Per uscire dal “pasticcio” di un emendamento su cui Ncd non intende fare retromarcia, la maggioranza non sembra aver trovato ancora una soluzione. David Ermini, responsabile giustizia del Pd, prevede un emendamento correttivo al testo Pagano. Due le ipotesi: fissare il carcere fino a «un massimo di 4 anni» lasciando al governo la decisione sul termine preciso; escludere la punibilità non solo di chi effettua riprese di nascosto come prova in un procedimento penale o per esercitare un diritto di difesa, ma anche di chi svolge attività professionali legalmente autorizzate o esercita un diritto di cronaca.
PROCURATORI IN CAMPO
Ma non è solo da cosiddetta norma «ammazza-Iene» a dividere. C`è molto allarme tra i procuratori dei principali uffici giudiziari d`Italia rispetto all`emendamento di Anna Rossomando (Pd), approvato in Commissione Giustizia alla Camera, che fissa un termine perentorio (tre mesi di tempo) dal momento dell`avviso di conclusione delle indagini perché il pm eserciti l`azione penale o chieda l`archiviazione.
Trascorsi i tre mesi, il procuratore generale può avocare l`inchiesta. Il primo a scendere in campo contro una norma ritenuta «pericolosa» è il procuratore di Torino Armando Spataro: «Sembra che il legislatore non si renda conto di qual è la realtà in cui operano le procure e di quali siano le modalità investigative in molti processi, non solo in quelli di una certa gravità». Ma l`allarme si sta diffondendo anche nella procura di Roma, guidata da
Giuseppe Pignatone, alle prese con la complessa indagine di Mafia Capitale. Donatella Ferranti (Pd), presidente della commissione Giustizia, assicura che sarà introdotta una norma transitoria per far sì che il ministero della Giustizia attui le misure organizzative necessarie. Ma forse, per i magistrati, una garanzia del genere non sarà sufficiente. Silvia Barocci