IL SOLE 24 ORE
Semplificazioni, braccio di ferro con le Regioni
Sui poteri sostitutivi no dei governatori, Palazzo Chigi respinge la controproposta
Roma. Sui “super-poteri” affidati al premier dalla riforma Pa per dimezzare i tempi delle autorizzazioni per grandi opere pubbliche o insediamenti produttivi privati di rilevante impatto economico è braccio di ferro tra Governo e Regioni. Dopo la Conferenza unificata del 3 marzo scorso, che ha acceso la luce verde su otto decreti legislativi ma non su questo regolamento di delegificazione, i tecnici del ministero della Pa stanno tentando di trovare una mediazione in vista della prossima riunione del 24 marzo. Ma di sicuro non vogliono retrocedere sul principio fondamentale: il taglio del 50% dei tempi per i via libera a opere o insediamenti giudicati strategici. Anche perchè il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, punta moltissimo su questa semplificazione. In Italia i tempi medi per l’attuazione di un’opera pubblica superano i 4 anni e mezzo, che salgono a 10,2 per opere del valore compreso tra i 20 e i 50 milioni e sfondano il tetto dei 14 anni (14 anni e sei mesi è la media) se il valore del cantiere supera i cento milioni.
Il testo in questione prevede che entro il 31 marzo di ogni anno il Governo, con un Dpcm, individui una lista di interventi a cui applicare tempi dimezzati e poteri sostitutivi. Il Consiglio dei ministri, nella scelta degli interventi da mettere in corsia preferenziale, può agire in due modi: 1) possono essere gli enti territoriali (Comuni, Regioni) a proporli a Palazzo Chigi entro il 31 gennaio, purché siano già inseriti in atti di programmazione; 2) gli interventi possono essere «individuati» direttamente dal premier, anche su segnalazione del soggetto proponente. Lo stesso Dpcm riduce del 50% i termini sui procedimenti autorizzatori delle opere in elenco e alla scadenza di questi termini ridotti il premier «può adottare i relativi atti» con i poteri sostitutivi, sostituendo cioè ogni autorizzazione o nulla osta che gli enti preposti non hanno emanato in tempo.
Le Regioni hanno sollevato diverse obiezioni: i termini stretti rischierebbero di rendere impraticabili le valutazioni sulle localizzazioni delle opere in questione, i poteri sostitutivi valicherebbero i limiti previsti dall’articolo 120 della Costituzione e non è prevista una norma di coordinamento per le Regioni a statuto speciale e le province autonome. E la proposta di correttivo avanzata è di quelle che il Governo non vuol proprio accettare: utilizzare l’istituto dell’intesa disciplinato dalla cosiddetta legge obiettivo (443/2001) per stilare elenchi di interventi super-prioritari con procedure in deroga.
Come detto i tecnici della ministra Marianna Madia stanno lavorando per superare un’impasse che non è da poco e che s’è determinata in una fase di stanca nell’attività del Consiglio dei ministri.
Il treno della riforma della Pa, anche senza questo vagone dei poteri sostitutivi a palazzo Chigi, sta intanto procedendo nell’acquisizione dei pareri delle commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato, che per garantire un veloce esame di così tanti testi (cui s’è aggiunto anche il voluminoso nuovo Codice degli appalti) ha fatto ricorso a commissioni speciali. Su un testo il parere è già stato depositato, si tratta del decreto sulla trasparenza (articolo 7 della delega) che va approvato entro sei mesi dall’entrata in vigore della delega a differenza di tutti gli altri per i quali la scadenza è un anno. Tra le valutazioni proposte da Palazzo Spada c’è, tra l’altro, quella di superare il meccanismo del silenzio/rigetto dopo 30 giorni sulle richieste di accesso civico agli atti delle amministrazioni: servirebbe l’obbligo di motivare il rigetto, scrive il Consiglio di Stato, perché possa essere valutato dal giudice in caso di contenzioso. Mentre i casi di esclusione dall’accesso civico sarebbero indicati troppo genericamente – si legge nel parere – con il rischio di dare troppa discrezionalità alle amministrazioni nel negare l’accesso civico.
Tornando al confronto Stato-Regioni, tra dieci giorni con la nuova riunione della Conferenza unificata si capirà se è stata trovata una soluzione o se il testo verrà per il momento accantonato (essendo un regolamento i termini della delega si considerano di carattere non perentorio). In quella riunione si dovrebbero incassare anche i pareri delle Regioni e dei comuni anche sui decreti di riordino delle società partecipate, dei servizi pubblici locali e delle autorità portuali. Davide Colombo