IL SOLE 24 ORE
Tribunale di Palermo. La responsabilità
Il curatore deve dimostrare le colpe dell’amministratore
No all’affermazione di responsabilità dell’amministratore di una società fallita, se il curatore si limita a una generica descrizione delle condotte contestate e non allega specifici inadempimenti. Lo afferma una sentenza del Tribunale di Palermo (presidente Ajello, relatore Turco), depositata il 24 marzo.
La controversia è stata promossa dalla curatela fallimentare di una srl contro l’amministratore unico, chiedendo, in base all’articolo 146 della Legge fallimentare, di accertarne la responsabilità per violazione degli obblighi relativi alle sue funzioni (mala gestio), con condanna a risarcire i danni causati alla srl e ai creditori sociali. Il convenuto non si è costituito.
Il Tribunale ricorda che gli amministratori devono agire con la diligenza del mandatario, che consiste in «prudenza e avvedutezza» in «quelle attività, negoziali e materiali, tipicamente implicate dalla gestione societaria-commerciale».
Nel caso in esame, la curatela sosteneva che il convenuto aveva valorizzato in modo inesatto le rimanenze di magazzino, aggiungendo che, comunque, «potrebbe aver omesso la registrazione di ricavi» per oltre un milione di euro. Il consulente tecnico d’ufficio aveva poi verificato che il libro degli inventari era stato tenuto in modo irregolare, mancando «la specifica indicazione del patrimonio sociale, con particolare riguardo alla composizione del magazzino».
In sostanza – concludeva il Ctu -, nell’ultimo anno di attività e poi durante la liquidazione, la srl «avrebbe venduto a prezzi ben inferiori ai costi sopportati», il che aveva determinato «significative perdite».
In base alle valutazioni del consulente, il Tribunale osserva che è possibile che l’impresa abbia occultato ricavi, ma è anche ipotizzabile che, a causa della crisi finanziaria che l’ha portata al fallimento, «abbia iniziato a vendere merce sotto costo per acquisire liquidità e ridimensionare il passivo».
Il giudice richiama quindi la sentenza 9100/2015 della Cassazione, secondo cui, nell’azione di responsabilità da parte del curatore del fallimento di una società di capitali verso l’amministratore, individuazione e liquidazione del danno vanno effettuate su specifici suoi inadempimenti, che l’attore ha l’onere di allegare; ciò per consentire al giudice di verificare «l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti e il danno di cui si pretende il risarcimento». Dunque, il creditore deve indicare un inadempimento qualificato e cioè «astrattamente efficiente alla produzione del danno».
La domanda di responsabilità è quindi respinta («alla luce dei precisi criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità») «per l’imprecisa individuazione della condotta contestata e la conseguente opinabilità della ricostruzione del danno». Antonino Porracciolo