IL SOLE 24 ORE
Ctp Reggio Emilia. Il contribuente può scegliere l’operazione più vantaggiosa
Il nuovo abuso del diritto vale anche per il registro
Il conferimento di ramo d’azienda e il successivo trasferimento delle partecipazioni non può essere riqualificato ai fini dell’imposta di registro come cessione di ramo d’azienda né, tantomeno, può ricorrere un’ipotesi di abuso del diritto. La nuova norma sull’abuso del diritto, peraltro, riguarda anche l’imposta di registro, per cui, essendo l’abuso/elusione una vicenda di tipo residuale, la stessa norma va interpretata come garanzia di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti un differente carico fiscale, con la conseguenza che il contribuente può scegliere il percorso negoziale meno oneroso.
Queste le conclusioni che derivano dalla sentenza n. 228/01/2016 della Commissione tributaria di Reggio Emilia depositata il 14 luglio (presidente e relatore Crotti). La vicenda riguarda un conferimento di ramo d’azienda con successivo trasferimento di partecipazioni. L’Agenzia ha riqualificato i diversi atti, secondo l’articolo 20 del Dpr 131/1986 (imposta di registro), in cessione d’azienda, applicando l’imposta di registro proporzionale prevista per quest’ultima. Inoltre, è stato evocato il principio di abuso del diritto.
La sentenza
La Commissione tributaria reggiana, correttamente, fa riferimento alla storia della previsione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986, che di per sé sarebbe già risolutiva, posto che la norma deriva dall’articolo 7 della legge 21 aprile 1862, n. 585, poi successivamente confermato con l’articolo 8 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3269. L’attuale previsione deriva proprio da tali “datati” precedenti (basta confrontare il testo). Ebbene, al tempo si discuteva se si dovevano considerare anche gli effetti economici degli atti portati alla registrazione. La tesi si deve alla Scuola di Pavia, che sostanzialmente “sposò” la legislazione tedesca, secondo la quale occorreva avere riguardo al “significato economico” (non solo per l’imposta di registro, ma per l’interpretazione delle leggi in generale e per l’individuazione dei fenomeni di elusione d’imposta). L’attuale previsione dell’articolo 20 del Dpr 131/1986 – che stabilisce che l’imposta di registro è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente – tiene conto proprio del dibattito che ne seguì e che sconfessò la tesi che gli atti dovessero essere interpretati secondo il loro contenuto economico.
La funzione interpretativa
La Commissione rileva che la previsione dell’articolo 20 del registro non ha comunque nulla a che vedere con l’abuso del diritto: alla norma del registro va riconosciuta una funzione esclusivamente interpretativa del singolo atto portato alla registrazione. Il compito dell’interprete risulta, quindi, quello di individuare l’esatta natura giuridica dell’atto rispetto a quella inesatta ovvero utilizzata erroneamente o artatamente. Ma questo nulla ha a che vedere con la presunta possibilità di riconoscere la presunta valenza economica o, addirittura, l’abuso o l’elusione. Questo anche in considerazione che l’imposta di registro è un’imposta d’atto, che colpisce, appunto l’atto e non il trasferimento.
La commissione evidenzia, comunque, che la nuova disposizione sull’abuso del diritto (articolo 10-bis dello Statuto del contribuente) vale indubbiamente anche per l’imposta di registro, così come per tutti i tributi in genere. Questo si desume chiaramente – riporta sempre la commissione – dalla relazione al provvedimento. Così che se si volesse attribuire all’articolo 20 del registro una connotazione di tipo anti elusivo, essa risulterebbe di fatto abrogata dalla nuova previsione sull’abuso del diritto. Peraltro, essendo quello dell’abuso un principio generale, non è pensabile che si ammetta che per un comparto impositivo (imposte sui redditi) il conferimento d’azienda e il successivo trasferimento delle partecipazioni non costituisca abuso del diritto (elusione), mentre le medesime operazioni risultino “abusive” per l’imposta di registro. Così che viene accolto il ricorso del contribuente e condannato l’ufficio al pagamento delle spese. Dario Deotto