SENTENZE: Il sovraindebitamento non consente la revoca dei beni già aggiudicati (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Procedure individuali. Il provvedimento del Tribunale di Firenze
Il sovraindebitamento non consente la revoca dei beni già aggiudicati
Salvi gli effetti di precedenti processi esecutivi

Con provvedimento del 6 luglio, il Tribunale di Firenze dichiara inaccoglibile la richiesta – formulata in sede di ammissione alla procedura da sovraindebitamento (legge 3/2012) – di revoca della aggiudicazione a terzi già intervenuta di beni del debitore, nell’ambito di una procedura esecutiva individuale precedentemente radicata. Rimangono quindi validi gli atti occorsi nel corso del processo esecutivo e sino alla relativa estinzione o sospensione.
Il provvedimento non è di per sé innovativo rispetto all’orientamento dell’ultimo decennio della Cassazione (sentenze 21110/2012, 2433/2009 e 25507/2006), ma richiede di verificare gli effetti delle procedure introdotte in base alla legge 3/2012 (sulle crisi da sovraindebitamento), quando il debitore depositi ricorso per omologa del piano del consumatore o della proposta di accordo con i creditori in pendenza di procedure esecutive individuali, richiedendo che il decreto di ammissione ne disponga il divieto di prosecuzione in base all’articolo 7, comma 2, lettera c). Il piano o la proposta devono includere gli effetti degli atti intervenuti prima della sospensione dei processi esecutivi.
Un primo profilo riguarda gli effetti della sospensione del processo esecutivo sui diritti acquisiti dai terzi aggiudicatari. L’introduzione dell’articolo 187-bis delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile (fatta con il Dl 35/2005) e l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che ne è conseguito non lasciano spazio alla richiesta di annullamento di aggiudicazioni intervenute prima del decreto di ammissione. E il provvedimento del Tribunale di Firenze né è una conferma. Anche se provvisorie, in attesa del pagamento del prezzo o del conguaglio, non subiscono gli eventi successivi, estintivi o sospensivi, della procedura esecutiva, fatta eccezione per i casi di collusione del terzo con il creditore procedente o insinuato. La ratio è chiara: conferire ai diritti acquisiti da terzi, e con essi alla procedura, quel carattere di stabilità necessario a mantenere in capo ai concorrenti un sufficiente grado di interesse all’acquisto, ed in capo ai creditori l’aspettativa di soddisfazione migliore possibile.
Non diversamente, del resto, dispone l’articolo 18 della legge fallimentare, che salva gli effetti degli atti legalmente compiuti dal curatore e dei diritti corrispondentemente acquisiti dai terzi, nel caso di successiva revoca del fallimento. Parrebbe poco giustificabile riconoscere stabilità ai trasferimenti coattivi disposti nell’ambito di procedura esecutiva concorsuale, negandola nel contempo in quelle individuali. In questo senso, anche se su diversi presupposti, la stessa Cassazione (sentenza delle Sezioni unite civili, n. 21110/2012).
Per contro, non pare però che l’intangibilità del diritto acquisito dall’aggiudicatario possa estendersi al diritto del creditore procedente, o insinuato, al riparto delle somme derivanti dal pagamento del prezzo. Sul punto non pare operare l’articolo 187-bis delle disposizioni attuative del Codice di procedura civile e incide quindi la sospensione disposta dal decreto di ammissione, che non ammette ulteriori atti endoprocessuali, tra cui il riparto delle somme. Il ricavato della vendita forzata concorrerebbe quindi alla formazione della provvista su cui il piano o l’accordo si basano, per essere distribuito nei termini ed alle condizioni ivi previsti. Infine, ove il deposito del ricorso intervenisse nelle more della scadenza del termine per il pagamento del prezzo del bene aggiudicato, il debitore si vedrebbe costretto a sviluppare nel piano due ipotesi: la prima per il caso di regolare adempimento del terzo, la seconda ove ciò non avvenisse.
Un quadro difficile, reso ancora più problematico dal fatto che la legge 3/2012 non disciplina alcuna misura protettiva preventiva, che produca uno stand still assimilabile agli effetti riconosciuti nel concordato preventivo dagli articoli 161, comma 6, e 168 della Legge fallimentare. Al debitore e all’organismo di composizione della crisi è richiesto quindi di monitorare costantemente, e sino al decreto di ammissione, le iniziative dei creditori e lo svolgimento dei processi esecutivi, e nel contempo di considerarne gli effetti sul piano o sulla proposta di accordo.
L’indisponibilità degli effetti protettivi della fase prenotativa – apprezzata nel concordato preventivo – unitamente alla oggettiva complessità della formazione del piano per individui o società non fallibili (spesso sprovvisti di un regime contabile che permetta la rapida ricostruzione di indebitamento e attivo disponibile) rende complessa la progettazione di proposte di accordo e piani solidi, in cui il rischio della carenza informativa sia mantenuto ragionevolmente basso. Lo schema di legge delega approvato alla Camera di riforma della disciplina della crisi (AC 3671, cosiddetto Rordorf) allo stato prevede su questi aspetti un intervento, che non può che considerarsi apprezzabile. Claudio Ceradini

Foto del profilo di Andrea Gentile

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