SENTENZE: Niente compensi a sindaci delle società fallite (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

Niente compensi a sindaci delle società fallite

Il non corretto adempimento dell’incarico di sindaco, in una società fallita, con conseguente danno fa sì che lo stesso non abbia diritto al compenso e quindi non trova accoglimento la sua pretesa insinuazione nel passivo fallimentare. Ciò in quanto l’art. 1460 c.c. relativo alle eccezioni d’inadempimento è applicabile anche ai sindaci. È quanto ha deciso il tribunale di Napoli Nord con sentenza del 5 maggio 2016.
Il fatto – A seguito del fallimento di una società, il giudice delegato ha rigettato l’istanza di ammissione al passivo al presidente del collegio sindacale della società, per il biennio antecedente il fallimento, non inserendo i suoi compensi nel passivo fallimentare. Con ricorso ex art. 98, l.f. il presidente del collegio sindacale eccepiva di aver svolto tali funzioni e di aver emesso alcune fatture a fronte delle prestazioni eseguite. A sostegno delle proprie ragioni il sindaco allegava dei pro forma fattura per gli importi a saldo, copia del dm n. 140/15 e le copie dei verbali inerenti le riunioni del collegio sindacale. Regolarmente instauratosi il contraddittorio, si è costituita la curatela che ha contestato il corretto svolgimento della prestazione, eccependo l’inadempimento e, dunque, ritenendo infondata la domanda di pagamento del compenso in applicazione dell’art. 1460 c.c.. Secondo la curatela, infatti, in relazione all’esposizione debitoria e alla sostanziale inesigibilità dei crediti della società, peraltro in liquidazione, il collegio «…avrebbe quantomeno dovuto convocare senza indugio un’assemblea al fine di proporre il ricorso ad una procedura concorsuale o ricorrere al tribunale ex art. 2409 c.c., evitando di far aggravare la situazione debitoria».
La decisione – Il tribunale partenopeo accoglie la tesi del curatore. A riguardo, si legge nella motivazione dello stesso, la condotta omissiva del collegio sindacale presieduto dall’opponente ha «determinato una dannosa prosecuzione dell’attività di impresa che ha causato un aggravamento della situazione debitoria della società, quale danno consequenziale. In ragione di ciò, alla luce dell’inesatto adempimento e del conseguente danno che ne è scaturito, la pretesa creditoria… in applicazione dell’art. 1460 c.c., non può trovare accoglimento. Era, infatti, onere dell’opponente, a fronte della specifica allegazione dell’inesattezza dell’adempimento, dimostrare di aver agito conformemente a legge al fine di evitare l’operatività dell’eccezione, idonea come tale a paralizzare la pretesa creditoria del sindaco» (In merito all’onere probatorio, sempre in capo all’esecutore della prestazione di aver adempiuto esattamente alla stessa Cass. SS,. UU 30/10/2001 n. 13533).
Conclusioni – Il principio che l’eccezione di inadempimento (exceptio inadimplenti non est adimplendum) valga anche nei contratti d’opera professionali, nei casi in cui sia riscontrabile un’apprezzabile violazione della diligenza professionale richiesta dal contratto, era principio già conosciuto dalla giurisprudenza di merito (T. Roma 9/2/2010 Trib. Monza 5/11/2007) e di legittimità (Cass. 27/7/2007 n. 16658 Cass. 23/4/2002 n. 5928). L’interesse della sentenza in oggetto sta tuttavia nel ritenere applicabile il principio, anche sui membri del collegio sindacale, che non sono rigorosamente tenuti al rispetto di un contratto d’opera professionale ma ad una vigilanza sul rispetto da parte della società, della legge e del contratto sociale, quali componenti di un organo societario con responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Luciano De Angelis

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