IL SOLE 24 ORE
Famiglia. La Corte d’appello di Catania recepisce una sentenza religiosa senza l’accordo fra i coniugi e dopo lunga convivenza
Nullità matrimoniale canonica, riconoscimento a maglie larghe
Lun.25 – Via libera alla delibazione, ossia al recepimento all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale, anche se la durata della convivenza coniugale ha superato i tre anni e la richiesta è stata presentata da una sola parte, con l’altra in opposizione.
Lo ha dato la Corte d’appello di Catania, da ultimo con la sentenza del 12 gennaio scorso (presidente Morgia, relatore Cordio) che, soprattutto per quanto riguarda i tempi della convivenza, si pone in contrasto con il più recente orientamento della Cassazione. Una linea già seguita da molti altri tribunali di merito.
La questione
Il matrimonio cattolico è indissolubile. Può quindi essere solo dichiarato nullo, con la conseguenza che tutti gli effetti decadono fin dall’inizio, come se il matrimonio non fosse mai esistito. Le sentenze canoniche di nullità matrimoniale possono peraltro essere dichiarate efficaci nel nostro ordinamento dalla Corte di appello competente per territorio. La conseguenza è la nullità, con valore retroattivo anche degli effetti civili, nel caso in cui sia stato trascritto nei registri dello stato civile (matrimonio concordatario).
La Cassazione
Con la sentenza 16379/2014 le Sezioni unite della Cassazione, superando il proprio orientamento iniziato con la sentenza 4700/1988, hanno attribuito alla convivenza come coniugi protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio la natura ostativa al riconoscimento civile delle sentenze canoniche di nullità matrimoniale (articolo 8 della legge 121/1985). La ratio è quella di tutelare il coniuge più debole, il quale, una volta riconosciuta agli effetti civili la sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio, sarebbe insufficientemente garantito nel caso in cui, con il divorzio, avrebbe diritto al miglior trattamento (articoli 5 e seguenti della legge 898/1970). La Corte d’appello, quando riconosce gli effetti civili una sentenza canonica di nullità, può infatti attribuire, a favore del coniuge che ne abbia il diritto e ne faccia richiesta, una provvisionale parametrata sulle norme del Codice civile che regolano il matrimonio putativo: un onere di sicuro inferiore per la parte gravata rispetto al trattamento per il coniuge più debole previsto dalla legge 898/1970 in caso di divorzio.
Le sentenze di Catania
La sentenza dell’11 gennaio della Corte d’appello di Catania (presidente e relatore Morgia) è una delle più recenti pronunce che, disattendendo il disposto delle Sezioni unite, hanno delibato nel nostro ordinamento una sentenza canonica dichiarativa della nullità di un coniugio in cui la convivenza è durata per un periodo superiore a tre anni.
Ma il disposto della Cassazione viene superato anche quando le parti non sono concordi sull’efficacia civile della sentenza canonica. Con la sentenza del 12 gennaio scorso la Corte di appello di Catania ha infatti delibato una sentenza canonica di nullità di un vincolo matrimoniale in cui la convivenza si era protratta per oltre tre anni e la delibazione era stata richiesta da una parte in opposizione all’altra. In questa ipotesi i giudici, verificando le condizioni di efficacia nel nostro ordinamento della pronuncia canonica, hanno accertato che le disposizioni di questa non siano contrarie all’ordine pubblico italiano, inteso come «insieme di principi, desumibili dalla Carta costituzionale» (Cassazione 27592/2006). E specificamente hanno esaurito la questione dell’ordine pubblico nella mancanza di contrasto fra la causa di nullità canonica (simulazione unilaterale) e il nostro ordinamento, in quanto la riserva mentale era conosciuta o comunque conoscibile dall’altro contraente al momento del matrimonio. Il concetto di ordine pubblico, ossia della coerenza interna dell’ordinamento, diventa così graduabile ed elastico, come se alcune cause di contrasto con il nostro ordinamento siano “più giuste” di altre, o addirittura finiscano per assorbirle. Andrea Bettetini