SENTENZE: Processi telematici, una semplice svista non ferma gli atti (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Informatica. Sanzionato il difetto di organizzazione
Processi telematici, una semplice svista non ferma gli atti

Lun.13 – Nel processo civile telematico c’è l’errore che non impedisce all’atto di raggiungere il suo scopo e c’è la distrazione che blocca la causa dal suo inizio. I Tribunali di Milano e di Torino hanno affrontato questioni relative a “sviste” dell’avvocato negli adempimenti telematici. Che sono state superate se si è trattato di omissioni o errori di digitazione. E che sono state ritenute ingiustificate se dovute a difetto di organizzazione del legale.
Senza numero di ruolo
Una parte ha tempestivamente riassunto, con deposito telematico al Tribunale di Milano, un giudizio interrotto ma l’atto è stato rifiutato perché non conteneva il numero di ruolo generale della causa. La parte ha poi depositato un altro ricorso, quando, però, erano trascorsi i tre mesi previsti dall’articolo 305 del Codice di procedura civile per la riassunzione. Con ordinanza del 23 aprile, il Tribunale afferma che l’assenza del numero di ruolo poteva essere superata con l’apertura del file contenente il ricorso (inviato attraverso il software applicativo), in cui erano evidenziati, oltre che sezione e nome del giudice, anche il dato in questione. Peraltro, l’errore non rientra tra quelli che impediscono materialmente l’accettazione dell’atto. Poiché il primo deposito del ricorso in riassunzione è intervenuto entro i termini di legge, il giudice dispone quindi la prosecuzione del giudizio.
Anno di iscrizione sbagliato
Nel caso esaminato dal Tribunale di Torino (giudice Ciccarelli), la convenuta ha depositato per via telematica una comparsa di costituzione e risposta. L’atto è stato rifiutato perché l’anno di iscrizione a ruolo della causa era indicato come 2016 anziché 2015. La convenuta ha quindi chiesto al giudice di ritenere valido il deposito o, in subordine, di essere rimessa in termini per una nuova costituzione. Il tribunale accoglie la prima richiesta. Si è trattato, infatti, di «un errore “non grave” (o, se si preferisce, di un “mero errore materiale” o di una “svista”)». Un errore che, in caso di deposito nelle forme tradizionali, non determina «alcuna conseguenza, se non quella di una rettifica (“correzione a mano”) dell’atto in fase di deposito» quando il cancelliere rileva e segnala l’imprecisione. Così il giudice ordina alla cancelleria di accettare il primo deposito telematico.
Pec non ricevuta
A conclusioni opposte è giunto il Tribunale di Milano (presidente de Sapia, relatore Angelini) in un’ordinanza del 27 aprile. Una parte ha depositato un reclamo contro l’ordinanza prevista dall’articolo 624 del Codice di procedura civile. Il presidente del collegio ha fissato l’udienza per la comparizione delle parti, assegnando alla reclamante il termine per notificare ricorso e decreto. Ma il legale non ha fatto la notifica e ha chiesto al tribunale l’emissione di un nuovo decreto, sostenendo che il precedente non gli era stato comunicato. Il tribunale ha respinto l’istanza. Infatti, il provvedimento è stato inviato con Pec che il difensore non ha ricevuto perché la sua casella di posta era piena. La mancata ricezione del decreto è dunque «ascrivibile alla sfera di organizzazione del legale di parte reclamante, che non ha fatto diligente uso del proprio account di Pec». Così il reclamo è stato dichiarato inammissibile.
Antonino Porracciolo

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