IL SOLE 24 ORE
Cassazione/1. Il contribuente non ha fatto ricorso in Cassazione per l’accertamento confermato in appello
Punita la «mancata» consulenza
Condannato il commercialista che non ha suggerito l’impugnazione
Il commercialista che non ha suggerito al contribuente di impugnare in Cassazione una sentenza sfavorevole del giudice tributario ne risponde in sede civile. A confermare questo rigoroso orientamento è la Corte di cassazione con la sentenza 13007 depositata ieri.
Un contribuente ha presentato ricorso dinanzi al giudice tributario contro un avviso di accertamento e in sede di appello, la pretesa impositiva è stata confermata.
Si è allora rivolto al proprio commercialista per chiedere indicazioni e chiarimenti su come procedere. Il professionista, ha lasciato decorrere i termini per l’impugnazione in Cassazione, senza contattare il proprio cliente. La decisione sfavorevole è diventata così definitiva.
Il contribuente, pertanto, ha citato in giudizio il commercialista innanzi al Tribunale per ottenere, non solo la restituzione della somma pretesa con l’accertamento originariamente impugnato, ma anche il risarcimento del danno subito.
Sia il Tribunale, sia la Corte di appello hanno escluso la responsabilità del professionista poiché, non essendo abilitato alla difesa dinanzi alla Suprema Corte, egli non avrebbe potuto proseguire con la difesa del proprio assistito. Nella decisione di secondo grado era poi precisato che al commercialista veniva richiesto una prima informazione e non la difesa ai gradi superiori.
Il cliente è ricorso in Cassazione, sostenendo che l’incarico conferito al professionista era una consulenza tecnico-giuridica volta a conoscere i rimedi per la tutela dei propri diritti ritenuti lesi con l’atto impositivo dell’amministrazione finanziaria.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso. I giudici di legittimità hanno precisato che l’attività di consulenza richiesta a un dottore commercialista comporta necessariamente, per dovere di diligenza, l’obbligo di fornire sia tutte le informazioni utili di propria diretta competenza, sia gli elementi nella sua conoscenza onde consentire al cliente un’autonoma decisione, rivolgendosi, se del caso, anche ad altro professionista per il successivo contenzioso.
La sola circostanza che il commercialista non sia abilitato a promuovere ricorso in Cassazione non vale, secondo i giudici di legittimità, ad escluderne la sua responsabilità.
La decisione conferma una precedente interpretazione della Cassazione (sentenza 11147/2014).
Nella circostanza era stata affermata la responsabilità di un ragioniere pernon aver suggerito al proprio cliente il ricorso di legittimità contro una sentenza sfavorevole e, nella specie, per non avergli prospettato la possibilità di aderire al condono.
Alla luce di queste rigorose interpretazioni, va da sé che occorrerà prestare particolare attenzione e, soprattutto, lasciare traccia documentale della consulenza fornita al cliente. Sara Mecca