IL SOLE 24 ORE
Diritto penale. Condannato il marito che minaccia e percuote la moglie in momenti successivi
Puniti i maltrattamenti ripetuti anche se per periodi brevi
Risponde di maltrattamenti in famiglia il marito che, in più occasioni anche se per periodi brevi, minaccia la moglie di portarle via i figli e farla licenziare e la percuote, anche in presenza dei minori, per ottenere del denaro in cambio della promessa di andarsene di casa. Il reato scatta anche per condotte perpetrate in momenti successivi e ripetute, senza che sia necessario che vengano poste in essere per un tempo prolungato. Lo puntualizza il Tribunale di Firenze (giudice Di Girolamo), con la sentenza 2690 del 19 luglio scorso.
Accusato di maltrattamenti familiari è un uomo portato a giudizio dalla coniuge, costituitasi parte civile. La donna, vittima di minacce e lesioni personali, commesse anche di fronte ai figli, aveva querelato più volte il marito. Di qui, il processo, la cui istruttoria aveva confermato la ricostruzione fornita dalla donna.
Ascoltati i testimoni e letti i documenti prodotti, era emerso che il consorte, già per carattere «molto esuberante», come lo aveva definito la moglie, era solito tornare a casa ubriaco, percuotere la moglie, minacciarla di ridurla sulla sedia a rotelle e dare in escandescenze, anche sotto gli occhi dei figli. Non solo. Ultimamente era arrivato a farsi consegnare soldi, dietro l’impegno di lasciare casa. La situazione era precipitata con la perdita del lavoro. Un’escalation di aggressività tale da ridurre la moglie in uno stato di profonda prostrazione psichica e fisica.
Per questo, il giudice condanna il marito per il reato di maltrattamenti in famiglia, previsto e punito dall’articolo 572 del Codice penale. L’incontenibile reattività dell’imputato, dimostrata dal fatto che la sua aggressività si sia indirizzata non solo verso la coniuge, ma anche verso familiari e terzi, non «consente affatto di escludere (…) l’elemento soggettivo del delitto di maltrattamenti posto in essere nei confronti della moglie, nel concreto vittima di violenze e minacce e sopraffatta dal terrore indottole dai comportamenti» dell’uomo.
E già dalle prime avvisaglie della sua indole violenta, a caratterizzare il rapporto matrimoniale era la palese sopraffazione e prevaricazione della partner, causa, peraltro, dell’irreversibile deteriorarsi dell’intesa sentimentale e del fallimento del progetto familiare.
Per il giudice sussiste anche l’altro reato contestato: lesioni personali. Secondo il tribunale, «le violazioni accertate devono essere unificate sotto il vincolo della continuazione atteso che risulta evidente come le stesse siano state poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso».
Il giudice ha tuttavia riconosciuto le circostanze attenuanti generiche dato che le condotte delittuose erano state poste in essere in un contesto caratterizzato da dolorose esperienze familiari e dall’improvvisa perdita di una stabile occupazione lavorativa. Nel riconoscere le attenuanti, il giudice ha anche valutato la circostanza che l’uomo fosse riuscito ad assicurare una regolare contribuzione al mantenimento dei figli e a conservare i contatti con loro, alla presenza della madre e presso la ex casa familiare. Selene Pascasi