IL SOLE 24 ORE
Corte costituzionale. Illegittimo l’articolo 517 del Codice di procedura penale se il Pm fa contestazioni fuori tempo
Rito abbreviato anche con l’aggravante tardiva
Roma. È illegittima la norma del codice di rito che impedisce all’imputato di chiedere il giudizio abbreviato per la contestazione tardiva di un’aggravante che già nota. La Consulta con la sentenza 139, trova fondati i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dai tribunali di Lecce e di Padova sull’articolo 517 del codice di procedura penale, che blocca la strada al rito premiale a causa di una “svista” del pubblico ministero. Nel mirino dei giudici remittenti finisce la mancata possibilità per l’imputato di recuperare la possibilità di chiedere l’accesso al rito abbreviato perché la pubblica accusa contesta un’aggravante quando il tempo per la domanda è scaduto. Le contestazioni suppletive, cosiddette tardive o patologiche, sono, infatti, basate non su nuovi elementi emersi in dibattimento, ma su quelli già presenti nella fase delle indagini preliminari. Si tratta in realtà di un mezzo per «porre rimedio alle incompletezze o agli errori del pubblico ministero nella formulazione originaria». Una “pecca” le cui conseguenze ricadono sull’imputato. La Corte costituzionale riconosce fondata la violazione degli articoli della Costituzione sul diritto di difesa e sul divieto di discriminazione (24 e 3 della Carta).
Alle stesse conclusioni i giudici delle leggi erano arrivati con la sentenza 265 del 1994, bollando come illegittimi gli articoli 516 e 517 del codice di rito, per la parte in cui escludevano la possibilità di chiedere il patteggiamento (articolo 444 del Cpp) se la contestazione tardiva riguardava un fatto diverso o un reato concorrente. Una declaratoria di illegittimità successivamente estesa (sentenza 184 del 2014), sempre in merito all’impossibilità di accedere alla pena su richiesta della parti, anche alla contestazione tardiva delle circostanze aggravanti.
Mentre con la sentenza 333 del 2009 la Consulta ha aperto al giudizio abbreviato nel caso di contestazione tardiva di un fatto diverso o di reato concorrente. Situazioni del tutto assimilabili che renderebbero non giustificabile una disparità di trattamento. La Consulta sottolinea che il no al rito abbreviato lede il diritto di difesa per l’impossibilità di rivalutarne la convenienza e il principio di uguaglianza perché fa dipendere la “sorte” dell’imputato dall’esattezza della valutazione delle indagini da parte del Pm. Patrizia Maciocchi