IL SOLE 24 ORE
Corte d’appello di Bari. Riconosciuto lo status di rifugiato nonostante l’assenza
Stranieri, sì alla procura liti senza testimoni
La procura alle liti rilasciata da un cittadino straniero è valida anche se non è firmata alla presenza di interprete e testimoni. È questa la conclusione a cui è giunta la Corte d’appello di Bari (presidente e relatore Vittorio Gaeta) in una sentenza dello scorso 29 luglio.
La controversia scaturisce dalla richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato (o, in subordine, della protezione sussidiaria), avanzata da un cittadino pakistano. Nel primo grado del giudizio il Tribunale aveva ritenuto che il ricorso fosse improcedibile, mancando la prova che al momento del rilascio della procura difensiva fossero presenti un interprete di lingua comune al richiedente asilo e due testimoni. Così il ricorrente ha presentato appello, insistendo nelle istanze avanzate in precedenza.
Nel decidere l’impugnazione la Corte afferma, innanzitutto, che la decisione del Tribunale «appare (…) errata». Per il giudice di secondo grado, infatti, «la necessità di presenza di testimoni fidefacienti, esclusa per il rilascio di procura dall’assistito di lingua italiana, non può essere affermata» per il cittadino di un’altra lingua. Anche perchè «la previsione di un simile requisito – prosegue la Corte – interferirebbe nel rapporto personale dell’avvocato col cliente alloglotta, tutelato dall’articolo 24 Costituzione». Inoltre, la presenza di un interprete all’atto della firma della procura non è richiesta dalla legge e dunque «è affidata alla coscienza professionale del legale».
Di conseguenza, l’eventuale dubbio sull’effettività del rapporto professionale, si deve necessariamente fondare su «specifiche allegazioni di parte», o su un principio di prova «di non effettività del rapporto». In questo caso, il giudice deve quindi effettuare indagini mirate, come l’esame diretto dell’interessato; non si può, invece, limitare ad «accertamenti cartacei “ora per allora” (…), per loro natura opinabili e inidonei a fornire certezze».
Peraltro – proseguono i giudici di Bari -, anche le decisioni della Cassazione confermano «il ripudio del formalismo in materia». Come nella sentenza 3675/2012, in cui la Corte ha affermato che, nei ricorsi contro il provvedimento di espulsione, la nullità della procura alle liti con sottoscrizione autenticata dal difensore ricorre solo se sia accertato che lo straniero era all’estero al momento della firma. O, ancora, nella sentenza 22559/2015 che, per la validità della procura, ha ritenuto sufficiente che dalla stessa si possano desumere gli elementi tipici dell’autenticazione e cioè l’accertamento dell’identità del sottoscrittore e l’apposizione della firma in presenza del pubblico ufficiale.
Nel merito, la Corte ritiene che l’appellante sia stato vittima di vendette nel proprio Paese. Infatti, le sue dichiarazioni «appaiono attendibili», avendo «in ogni audizione risposto a tutte le domande, facendo ogni sforzo per circostanziare i fatti e mai mostrando insofferenza per le richieste di chiarimenti» della stessa Corte.
Così la sentenza riconosce all’appellante la protezione sussidiaria.
Antonino Porracciolo