ITALIA OGGI
Sugli studi di settore la prova all’ufficio
sab.18 – Nel caso di accertamento basato sugli indici di capacità contributiva, l’onere della prova su eventuali incongruenze contabili spetta all’ufficio finanziario. Quanto sopra è contenuto nella sent. n. 184/2016 della Ctp di Rieti da cui emerge che è necessario provare le incongruenze contabili emerse in sede di accertamento, tenendo conto anche della realtà socio-economica in cui opera l’azienda. Gli studi di settore rappresentano indici rilevatori di una possibile anomalia del comportamento fiscale, emergente dallo scostamento delle dichiarazioni dei redditi del contribuente relative all’ammontare dei ricavi o dei compensi rispetto a quello che l’elaborazione statistica fissa come il livello «normale» in riferimento all’attività svolta dal dichiarante. I parametri elaborati con gli studi di settore consentono, quindi, di valutare i ricavi o i compensi che possono imputarsi al contribuente attraverso analisi economiche e tecniche statistico-matematiche. Gli stessi consentono di tracciare i rapporti che possono originarsi tra le variabili strutturali e contabili delle società costituite da lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, all’organizzazione e ai servizi oggetto dell’attività. Gli studi di settore vengono usati, quindi, dall’ufficio al fine dell’attività di controllo e dal contribuente per verificare, in sede di dichiarazione, la congruità dei ricavi dichiarati e dei valori economici attinenti l’attività di settore; rappresentano mezzi di accertamento parziali, e il contraddittorio (l n. 146/199) è l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore. Nella fattispecie in esame il legale rappresentante della società ha ricevuto l’avviso di accertamento conseguente all’applicazione di studi di settore. La società ha eccepito di aver presentato lo studio di settore concernente l’attività svolta (installazione di impianti idraulici) e che l’ufficio, in sede di accertamento, non ha tenuto conto della natura dell’attività svolta limitandosi a svolgere un’analisi generalizzata ed esclusivamente matematica e formale. I giudici della Ctp hanno ritenuto che la procedura di accertamento aperta dall’Ufficio finanziario «appare completamente asettica e legata, esclusivamente a regole matematiche, procedure queste che vengono decisamente respinte dalla Corte di cassazione». Enzo Di Giacomo