IL SOLE 24 ORE
Tutela dei figli: indagini tributarie senza confini
In sede di giudizio per la modifica delle condizioni di un divorzio emesso dalla magistratura rumena, il Tribunale di Roma ha stabilito che la polizia tributaria può indagare (in base all’articolo 5 della legge 898/1970) anche sul cittadino rumeno e sulla sua nuova moglie, se questo serve per la determinazione del reddito effettivamente percepito e tutelare al meglio il diritto dei figli di primo letto a ottenere dal padre il mantenimento.
La decisione (provvedimento provvisorio e urgente emesso dal giudice Velletti il 17 febbraio 2015) risponde alla domanda di modifica di una cittadina rumena, madre di due minori che – vivendo nel nostro Paese – non era più in grado di mantenere con il contributo stabilito dal giudice del divorzio.
In via preliminare il Tribunale capitolino ha dovuto esaminare gli aspetti relativi sia alla giurisdizione, sia alla norma applicabile al caso concreto, dato che il divorzio era stato disposto da giudici rumeni, mentre la modifica del regime di affidamento e del contributo al mantenimento era stata richiesta a Roma, città nella quale si erano trasferiti a vivere la madre con i due figli, ma anche il loro padre con la sua nuova moglie.
La competenza a conoscere del fatto è stata accertata in base alla residenza dei minori (articolo 8 del Regolamento Ue 2201/03), mentre «la legge applicabile per l’adozione di misure di protezione (regime di affidamento) è quella dello Stato di residenza abituale del minore», giusto il combinato disposto degli articoli 1 e 2 della Convenzione dell’Aia del 1961.
In tema di adeguamento della misura del contributo, poi, ha trovato applicazione il Regolamento Ue n. 4/2009 che «si applica tra l’altro alle obbligazioni alimentari derivanti dai rapporti di famiglia e pur non contenendo una definizione di obbligazione alimentare, in tale nozione deve senza dubbio essere compreso l’assegno di mantenimento dovuto dal genitore per il figlio».
Affermata la giurisdizione del nostro Paese e l’applicazione della norma italiana al caso concreto, il tribunale ha modificato l’affidamento dei due figli ponendolo in via esclusiva in capo alla madre convivente, dal momento che il padre se ne era disinteressato da oltre un anno.
Ha modificato, inoltre, l’importo del contributo economico originariamente stabilito in 175 Leu (pari a 39 euro mensili) dalla sentenza di divorzio rumena, in forza dei primi elementi istruttori assunti. Da questi, infatti, è emerso come il padre svolga «un’attività artigianale» nel settore dell’edilizia con la «presumibile intestazione di tale attività alla nuova consorte» e con un ricavo mensile di circa 2.000 euro.
Di qui l’immediato adeguamento a 500 euro mensili e l’attivazione di indagini di polizia tributaria sull’obbligato e sulla sua nuova consorte, rinviando il giudizio ad un’ulteriore udienza per esaminare gli esiti dell’accertamento.
Giorgio Vaccaro