SOCIETA’: Con il dualistico controllo continuo sulla gestione (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Con il dualistico controllo continuo sulla gestione

 

È quello “monistico” il miglior sistema di governance? Se Intesa Sanpaolo ha deciso di abbandonare il sistema dualistico per approdare al monistico, questo può indubbiamente suonare come una bocciatura per il dualistico (e, in specie, per il dualistico in ambito bancario).

Tuttavia, la domanda su quale sia il miglior sistema possibile per lo svolgimento delle funzioni di amministrazione e controllo delle società per azioni, quotate e non quotate, non può avere, obiettivamente, una risposta esatta: i sistemi adottati in altri Paesi (di derivazione anglosassone è il monistico; quando invece il dualistico è un derivato della Germania) non sono necessariamente virtuosi anche nel nostro ordinamento e può essere un errore pensare che esperienze positive maturate altrove si riproducano automaticamente anche da noi; ogni società, inoltre, ha le sue peculiarità, e quindi ogni situazione deve essere valutata separatamente dalle altre. È vero che, quando si parla di governance, bisognerebbe ragionare per ipotesi astratte, a prescindere dalle peculiarità concrete; ma non si può passare in sott’ordine che le società sono fatte anche di esperienze e di persone, del che non si può non tener conto quando si tratta di calare nel vivo un modello teorico.
Scendendo nei particolari, per esempio, il dualistico è efficiente, se adeguatamente calibrato. E cioè quando le funzioni strategiche siano attribuite al consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione sia composto da manager a tempo pieno o quasi. Il dualistico, attribuendo l’approvazione del bilancio al consiglio di sorveglianza e non all’assemblea dei soci, consente un controllo sul bilancio (e su come esso viene progressivamente formato di trimestre in trimestre e, quindi, sull’andamento della gestione) che non ha pari negli altri sistemi, nei quali i soci hanno a disposizione qualche ora appena per discutere di bilancio, e ciò, inoltre, diversi mesi dopo la chiusura dell’esercizio di riferimento, quando già gli occhi di tutti sono puntati ai risultati dell’esercizio in corso.

I soci, eleggendo il consiglio di sorveglianza e il suo presidente, indirettamente ottengono senza dubbio un quasi quotidiano controllo dell’andamento dei conti, una tempestiva verifica del rispetto del budget e del piano industriale e una continua interlocuzione con l’organo di gestione e con la prima linea della dirigenza. Se poi al consiglio di sorveglianza sono attribuite anche le funzioni strategiche (sarebbe incoerente se ciò non accadesse, per il fatto che il consiglio in questione nomina i gestori e ne approva il bilancio) i soci ottengono il risultato di non conferire un mandato “in bianco” al board e all’amministratore delegato verificabile solo annualmente (come accade nel sistema tradizionale e nel monistico) ma di interloquire continuativamente con l’organo gestorio circa le scelte “alte” che la società deve compiere.

Il sistema dualistico costringe a un esercizio “strano”, che le altre società non compiono, e cioè a distinguere le questioni di strategia dalle questioni di gestione: nelle società amministrate da un Cda, le funzioni di gestione sono un tutt’uno con le decisioni strategiche; nel dualistico, invece, il supervisory board ha il compito di dettare l’indirizzo, mentre il management board ha il compito di eseguirlo, con decisioni ordinarie e straordinarie, e di renderne conto all’organo da cui esso trae la propria nomina (e dal quale può essere revocato) e che ne approva il bilancio.

Infine, vanno sottolineate la tipologia e il peso delle funzioni di controllo esercitate dal consiglio di sorveglianza: a partire dal numero dei suoi componenti e dalla loro specializzazione, passando poi per la rilevanza, sia personale sia giuridica, del presidente di questo board. A.Bu.

 

 

 

 

 

 

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