SOCIETA’: Per le Spa scelta fra tre governance (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

 

Società. Come cambiano i controlli: la comparazione tra i sistemi tradizionale, monistico e duale

Per le Spa scelta fra tre governance

 

 

Il lancio di un sasso in uno stagno: è questo senza dubbio l’effetto della scelta di Intesa Sanpaolo di adottare il sistema monistico di governance. Per diverse ragioni e, principalmente, perché si tratta di:

una grande e importante società, le cui scelte, per principio, non possono non essere state meditate, da un lato, e non divenire perciò rilevanti, dall’altro;
una società che ha sperimentato dapprima il sistema “tradizionale” (ante fusione con il Sanpaolo) e poi, in esito a questa fusione, il sistema “dualistico”; cosicché, scegliendo ora il monistico pare affermare che sia questa la best choice possibile per la governance societaria in generale e bancaria in particolare;

una società bancaria, le cui decisioni organizzative non possono non essere rilevanti in un momento, come l’attuale, ove il risiko bancario sta vivendo momenti di fibrillazione a causa del coattivo percorso delle grandi banche popolari cooperative verso la forma di spa (anche tramite inevitabili aggregazioni); le quali, quindi, sono inoltre alle prese con la decisione di quale sia il modello organizzativo più adeguato a svolgere la loro attività nella nuova veste non più capitaria;

una scelta eclatante, perché evidentemente costringe tutti coloro che si interessano di governance (amministratori, dirigenti, consulenti, sindaci, studiosi) a chiedersi se quel 90% circa di società italiane amministrate con il sistema “tradizionale” sia solo una conseguenza dell’attitudine a preferire soluzioni sperimentate e tranquille.

I sistemi alternativi a quello tradizionale sono infatti assai “indigesti” alle società italiane: basti pensare che l’opzione fatta da Intesa è una soluzione che solo altre due società quotate praticano (Chl e Engineering che “pesano” lo 0,1 per cento del mercato in termini di capitalizzazione di borsa). Nella relazione annuale Consob del 2015, sono censite (si veda la tabella qui a fianco) 238 società quotate: due adottano il sistema monistico, quattro adottano il sistema dualistico (pari al 10,7% del mercato) e le altre 232 il sistema tradizionale (e cioè una quota dell’89,2%).

E, ampliando la platea a tutte le 40mila Spa italiane, secondo i dati elaborati da InfoCamere su Registro delle Imprese, solo 262 hanno adottato il dualistico (pari allo 0,65%) e 129 il monistico (0,32%).

Sistema tradizionale, sistema dualistico e sistema monistico sono dunque i tre modelli organizzativi che il nostro ordinamento mette a disposizione dei soci di Spa, quotate e non, per disciplinarne la gestione e il controllo. Nella Srl, invece, si può utilizzare il solo sistema tradizionale, seppur con l’opzione per alcune non irrisorie varianti.

Nel sistema tradizionale, i soci eleggono sia l’organo amministrativo (il consiglio di amministrazione) sia quello di controllo (il collegio sindacale). Ai soci competono l’approvazione del bilancio e l’azione di responsabilità verso amministratori e sindaci.

Nel sistema dualistico, i soci eleggono l’organo di controllo (il consiglio di sorveglianza) il quale, a sua volta nomina il consiglio di gestione, cui compete l’amministrazione della società. Al consiglio di sorveglianza spetta l’approvazione del bilancio e, ove lo statuto lo preveda, la definizione degli obiettivi strategici cui il consiglio di gestione deve attenersi. L’azione di responsabilità verso i componenti del management board spetta sia ai soci che al consiglio di sorveglianza. Ai soci compete l’azione di responsabilità verso i componenti del supervisory board.

Nel sistema monist ico, i soci eleggono il consiglio di amministrazione, che deve essere composto – almeno per un terzo – da soggetti in possesso dei requisiti di indipendenza previsti dalla legge per ricoprire la carica di sindaco nel sistema di amministrazione tradizionale. Questi ultimi (o alcuni di essi, comprendendovi necessariamente un revisore dei conti) sono eletti dal consiglio di amministrazione quali membri del cosiddetto comitato per il controllo della gestione.

Se si paragona il ruolo di controllo di questo comitato rispetto alle funzioni di controllo del collegio sindacale emerge che al comitato per il controllo della gestione spetta solo la “fascia alta” dei controlli. Vale a dire – in sostanza – il compito di vigilare sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione.
Al comitato non spetta, invece, il controllo “minuto” (ossia la vigilanza sul rispetto della legge e dello statuto da parte degli amministratori nel compimento dei loro atti): e ciò in quanto, essendo anche amministratori e partecipando alle decisioni del consiglio di amministrazione, i membri del comitato hanno di per sé il dovere di rispettare legge e statuto. Angelo Busani

 

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