ITALIA OGGI
Proposta di legge dei commercialisti per obbligatorietà
Società, voto elettronico poco usato
I meccanismi di voto a distanza nelle società quotate sono una scelta discretamente diffusa negli statuti delle società quotate. Molto meno lo è la loro attuazione concreta. È quanto emerge dallo studio sull’azionariato attivo condotto dal Consiglio nazionale dei commercialisti e presentato al senato. Dall’analisi dei bilanci delle società quotate al 31/12/2015 (Intesa Sanpaolo, Mps, Unicredit, Unipol, Generali, Acea, Enel, Eni, Tim e Salini), Telecom Italia risulta essere quella con maggiore attenzione al voto elettronico.
Nel suo statuto il voto per corrispondenza è sempre consentito, mentre il voto elettronico lo è solo nel caso in cui lo preveda l’avviso di convocazione. Opportunità che, considerato il numero esiguo dei votanti rispetto al totale, sia degli aventi diritto che dei presenti, di fatto non ha riscosso successo. Eppure l’utilizzo del voto elettronico, secondo i commercialisti italiani, assicurerebbe a imprese e cittadini maggiore percezione del rischio negli investimenti. «Le cronache insegnano che, spesso, chi ha accompagnato i risparmiatori o gli investitori si è trovato in situazione di conflitti di interesse», ha precisato Coppola. Ecco allora la proposta. «Rendere il voto elettronico obbligatorio, sia per l’approvazione dei bilanci che per la nomina dei consiglieri di amministrazione delle società quotate».
Che Achille Coppola, consigliere Segretario del Consiglio Nazionale dei commercialisti, ha aggiunto, «vorremmo diventasse disegno di legge» proprio per assicurare chiarezza informativa agli investitori. «Partecipare a un’assemblea è abbastanza oneroso», ha specificato. «I passaggi previsti sono troppi. Possiamo però trasformare quella che oggi è una facoltà in obbligatorietà» modificando in sostanza il «può» in «deve», nelle norme dedicate, a partire dall’art. 2370 del codice civile laddove troviamo «lo statuto delle società quotate in borsa può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica».
Uno spazio, in termini di autonomia statutaria delle società, che trova conferma nel regolamento Consob con l’unica prescrizione che la Consob detta, ovvero «che lo statuto possa condizionare l’espressione elettronica del voto unicamente alla prescrizione di requisiti per l’identificazione dei soggetti a cui spetta il diritto di voto e per la sicurezza delle comunicazioni» e che si tratti di requisiti «proporzionati al raggiungimento di tali obiettivi». «Occorre cultura finanziaria generale a livello di retail e chiarezza informativa sul versante istituzionale», ha aggiunto il commercialista Maurizio Lauri. Così come condiviso da Roberta Garofalo e Sandro Villani, in rappresentanza, rispettivamente, delle Casse di previdenza di ragionieri e commercialisti. Sabrina Iadarola