IL SOLE 24 ORE
Consiglio notarile Milano. Possibile attribuire quote di incremento diverse da quelle di partecipazione
Srl, aumenti gratuiti differenziabili
Lo statuto della Srl può contenere una clausola secondo cui, in caso di aumento gratuito del capitale sociale, sia attribuito a un determinato socio il diritto a conseguire una quota di aumento superiore a quella che gli spetterebbe se si adottasse un criterio meramente proporzionale, cioè in correlazione all’entità della sua quota di partecipazione al capitale sociale anteriore all’operazione di aumento gratuito. Si tratta di una clausola che ben si presta a fare il paio con una clausola, ugualmente legittima, per la quale al socio in questione sia attribuita una percentuale di partecipazione alla distribuzione degli utili d’esercizio superiore a quella che gli spetterebbe se si utilizzasse, come criterio distributivo, una ripartizione del dividendo eseguita in base alle quote di partecipazione di ciascun socio al capitale sociale.
Se, ad esempio, Tizio (per il 20%), Caio (per il 50%) e Sempronio (per il 30%) sono gli unici soci della Alfa Srl con capitale sociale di 100mila euro, a una clausola come quella sopra descritta (che, in ipotesi, attribuisse a Tizio di beneficiare del 40% di ogni aumento gratuito che Alfa Srl deliberasse) conseguirebbe che, nel caso in cui il capitale sociale venisse gratuitamente aumentato per 100mila euro, all’esito dell’operazione di aumento si avrebbe Tizio con la titolarità del 30% del nuovo capitale sociale di 200mila euro, mentre Caio e Sempronio subirebbero una corrispondente diluizione della loro quota di partecipazione al nuovo capitale sociale.
Ebbene, la legittimità della clausola statutaria in questione è affermata dalla massima n. 155 del Consiglio notarile di Milano, di recente diffusione. Il punto di diritto che si deve affrontare è quello dell’interpretazione dell’articolo 2481-ter del Codice civile, il quale, dopo aver consentito che la Srl possa aumentare il proprio capitale in forma gratuita (e cioè imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio disponibili per l’operazione di aumento gratuito), sancisce che, in caso appunto di aumento gratuito «la quota di partecipazione di ciascun socio resta immutata». Si prospetta dunque il tema se si tratti di norma inderogabile, visto che essa formalmente non contiene previsioni circa la sua eventuale derogabilità.
Nella massima 155 si osserva, al riguardo, che il percorso interpretativo da svolgere passa attraverso la chiamata in causa della norma – di cui all’articolo 2468, comma 3, del Codice civile – per la quale lo statuto della Srl può prevedere «l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili». Al riguardo, si sottolinea che si tratta di una norma la quale, da un lato – secondo l’opinione prevalente – non può essere intesa in senso tassativo e limitativo: in altre parole, essa elencherebbe le principali (ma non le sole) ipotesi in cui i soci possono graduare i diritti loro derivanti dal fatto di essere titolari di una partecipazione al capitale sociale.
D’altro lato, dato che la norma espressamente consente l’attribuzione di un privilegio nella distribuzione degli utili, non ci si potrebbe limitare a restringerne la portata al caso della distribuzione degli utili d’esercizio, ma la si dovrebbe intendere riferita anche all’ipotesi della distribuzione degli utili accantonati a riserva in esercizi precedenti: ne consegue che è ben configurabile un “particolare diritto” del socio ad avere un privilegio (nel caso specifico: una maggior quota dell’aumento gratuito) quando si tratta di mandare le riserve a capitale, in esecuzione di una deliberazione di aumento gratuito del capitale stesso.
In effetti, il passaggio di riserve a capitale altro non è che una particolare modalità di distribuzione degli utili, i quali, in tal caso, non vengono liquidati in denaro, ma vengono appunto destinati a integrare la quota di conferimento dei soci; beneficiando, dunque, di una quota di aumento maggiore di quella che gli spetterebbe in base alla caratura della sua partecipazione al capitale sociale, il socio dotato di questo particolare diritto, in sostanza, si trova nella stessa condizione in cui (in sede di costituzione della società o in sede di aumento a pagamento del capitale sociale) si possono ottenere quote di partecipazione al capitale di misura proporzionale diversa rispetto all’entità dei conferimenti.
Trattandosi dunque di una fattispecie inquadrabile tra i diritti particolari del socio, di cui al predetto all’articolo 2468, comma 3, del Codice civile, ne consegue l’applicabilità della relativa regolamentazione: in particolare, della norma secondo cui occorre l’unanimità dei soci per introdurre una tale clausola nello statuto della società (o per modificare una clausola che vi sia già presente). Angelo Busani