ITALIA OGGI SETTE
Presentata in Parlamento la Relazione annuale sulle spese di giustizia del ministero
Intercettazioni, paga Padoan
Nessun aumento del contributo unificato per le spese
Lun.19 – Niente aumento del contributo unificato a copertura dei costi per le intercettazioni. Il Ministero della giustizia ha escluso interventi al rialzo del primo per coprire le maggiori spese che è prevedibile via Arenula dovrà sostenere rispetto allo stanziamento 2016, per le seconde. La dichiarazione di intenti, forte però di una tendenza costante negli ultimi anni al contenimento della spesa, è messa nero su bianco nella Relazione sullo stato delle spese di giustizia, aggiornata al I semestre 2016, appena depositata in Parlamento (documento XCV). La Relazione, in pratica, rassicura che le maggiori spese sostenute nel corso dell’anno saranno coperte grazie all’intervento del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan (tramite l’assestamento di bilancio e il prelievo sul fondo di riserva per le spese obbligatorie). Al quale in buona sostanza via Arenula rimette la palla su un eventuale (e indigesto) aumento del contributo unificato.
Le spese di giustizia sono quelle che lo Stato deve necessariamente sostenere per lo svolgimento del processo, salvo l’eventuale recupero a carico del condannato nel penale; e per la difesa d’ufficio e il patrocinio a spese dello stato nel civile. Tre i distinti capitoli di bilancio del Ministero della giustizia a) le spese per consulenti, traduttori, periti, difensori; b) intercettazioni e comunicazioni; c) indennità spettanti alla magistratura onoraria.
La cronaca degli anni scorsi ha registrato cicliche polemiche per le ingenti spese, in particolare per quelle disposte negli uffici giudiziari per le intercettazioni. Nel 2011 il Governo Berlusconi IV, nel pieno delle polemiche sullo spread, approvò il decreto legge 98/2011 (convertito nella legge 111/2011 – la manovra «correttiva») con il cui articolo 37 veniva stabilito che in caso di scostamenti tra le somme stanziate in bilancio per le spese di giustizia e quelle effettivamente effettuate, il surplus dovesse essere coperto con un aumento «dedicato» del contributo unificato (che peraltro il dl aveva già fortemente rivisto al rialzo) e che il Ministero della giustizia dovesse monitorare ogni anno l’andamento delle spese consegnando una relazione al Parlamento.
La documentazione prodotta in Parlamento da conto del fatto che per le intercettazioni, le somme 2015 stanziate definitivamente in bilancio sono state pari a 275milioni di euro e che la spesa finale è stata pari a 230 milioni, dei quali 30 utilizzati per ripianare parte dei 56 milioni di debiti contratti con le società private, tramite accordi transattivi. Il ministero conta di pagare il residuo debito 22 milioni nel corso dell’anno tramite il ricorso alle somme in conto residui. La spesa per il I semestre 2016 è di 70 milioni e il Ministero pronostica che, a fronte di uno stanziamento in bilancio di poco più di 203milioni700 mila euro (seguito del ridimensionamento e del taglio di spesa contenuti i diverse leggi e manovre), la spesa per quest’anno arriverà a 230 milioni.
A copertura dello scostamento però, assicura il ministero, non si provvederà aumentando i costi di accesso alla giustizia. Piuttosto, fa sapere, ha già chiesto al ministro Padoan 34 milioni in più tra assestamento di bilancio e prelievo dal fondo di riserva per le spese obbligatorie, ed è solo al Ministero dell’economia che è rimessa «l’esclusiva valutazione della richiesta». E non solo. Il Ministero da parte sua sta conducendo un’ampia opera di razionalizzazione delle spese, sia ripianando in via transattiva i debiti, sia velocizzando i tempi di pagamento con le società e limitando così il rischio di contenzioso, sia monitorando i costi di noleggio degli apparati in tutti gli uffici giudiziari. In più, la spesa per intercettazione ha comunque subito una «forte flessione» nel corso degli ultimi anni: «Si è di fatto passato da una somma di 300/280 milioni – rispettivamente – per gli anni 2009 e 2010 a circa 230 milioni nel 2015».
E ancora: se il Ministero dell’economia dovesse fare storie, via Arenula batterà cassa forte delle norme, puntualmente richiamate dalla relazione, che stabiliscono che il maggior gettito del contributo unificato non debba più finire esclusivamente nel calderone della fiscalità generale ma, almeno in quote parte, nel Fondo per interventi urgenti per la giustizia (articolo 37 commi 10 e 11 del dl 98/2011) e nel Fondo unico per la giustizia (articolo 2, comma 7 del dl 143/2008).
Insomma, la Giustizia ha già dato del suo e non ha intenzione di assumersi la responsabilità di aumentare i costi di accesso. Claudia Morelli