ITALIA OGGI
Niente trasferimenti patrimoniali con separazione o divorzio semplificati
Sab. 9 – L’accordo semplificato per la separazione o il divorzio non può contenere patti di trasferimento patrimoniale di alcun genere. Quindi, una circolare non può allentare il divieto previsto dalla legge, limitandolo all’ipotesi di assegno una tantum ed escludendolo, invece, in caso di assegno mensile di mantenimento.
Lo ha stabilito il Tar Lazio con la sentenza n. 7813 del 7 luglio 2016. Il collegio ha preso in considerazione la nuova procedura di separazione e divorzio prevista dall’art. 12 del dl 132/ 2014. Nel dettaglio, il meccanismo legislativo si svolge davanti all’ufficiale dello stato civile e richiede due condizioni: la prima è che non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. In questo caso, «l’accordo tra le parti tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio».
La seconda condizione, invece, è che l’accordo non può contenere «patti di trasferimento patrimoniale». Il Viminale, tuttavia, ha emanato una circolare ad hoc che aveva allargato le maglie del divieto previsto dalla norma primaria, facendovi rientrare solo l’ipotesi di assegno in un’unica soluzione ed escludendo, invece, l’assegno mensile di mantenimento o divorzile. I giudici amministrativi capitolini non hanno, però, condiviso la lettura ministeriale, posto che la portata della legge è ampia e omnicomprensiva.
Inoltre, essa «è tesa a garantire il soggetto più debole della coppia, che altrimenti sarebbe fortemente penalizzato, stante la procedura particolarmente accelerata e semplificata, che peraltro vede la presenza solo eventuale di avvocati e che attribuisce all’ufficiale di stato civile un ruolo meramente certificatore dell’accordo tra le parti». I giudici hanno concluso affermando che solo un’interpretazione letterale della norma assicura la tutela del soggetto più esposto, che, in caso contrario, potrebbe essere di fatto costretto ad accettare condizioni patrimoniali imposte dalla controparte più forte.
Soddisfazione in merito alla decisione è stata espressa dall’Associazione italiana avvocati per la famiglia e i minori che, in prima battuta, aveva fatto ricorso contro l’interpretazione delle norme fornita dal ministero dell’interno insieme all’Associazione Donna Chiama Donna Onlus.