IL MATTINO
Giustizia lumaca: a Salerno 30 anni per un risarcimento
dom.9 – Era stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico ma i medici sbagliarono qualcosa e il paziente pochi giorni dopo morì. Era il 1985 e, solo ora, a 30 anni di distanza da quella tragedia consumatasi in una corsia del Ruggi, è stato disposto il risarcimento dei danni per i familiari della vittima ai quali, come stabilito da sentenza della seconda sezione civile del tribunale di Salerno, spetta la somma di 250mila euro.
È un caso emblematico ma è solo uno dei tanti che si registrano presso il settore civile dove i tempi di attesa per arrivare alla definizione di un processo sono infiniti. È il 1998 quando il procedimento, conclusosi in sede penale nel 1993 con un patteggiamento e una condanna, approda davanti al tribunale civile. Nel 2007 il giudice ritiene di avere gli elementi per deliberare e «trattiene la causa in decisione». Nel 2009, però, il fascicolo è misteriosamente scomparso: così è necessario «rimettere la causa sul ruolo» per operare la ricostruzione del fascicolo. Nel 2012 il caso approda davanti a un altro giudice che rinvia per le conclusioni ma, due anni più tardi, il procedimento subisce una nuova battuta d’arresto perché il giudice dispone una perizia: tra nuove udienze e rinvii, trascorrono altri due anni, e finalmente, 18 anni dopo l’apertura del procedimento, è giunta la sentenza.
Un caso forse limite ma non l’unico. Al tribunale civile tra fascicoli che spariscono, carenza di personale e lungaggini burocratiche, c’è davvero da aspettare parecchio per vedere la risoluzione di un contenzioso. Attese così lunghe che, spesso, i ricorrenti decidono di rinunciare al procedimento e, quindi, rinunciare ad avere giustizia. È il caso del titolare di una società di importazione di prodotti che, attraverso il suo legale, l’avvocato Giovanni Balbi, ha intentato una causa contro un cliente che non gli avrebbe pagato merce per la somma di 30mila euro. Nel 2011, però, il procedimento subisce un lungo stop: il giudice rinvia, stabilendo che se ne riparlerà tra 5 anni. Tanti, forse troppi per l’imprenditore che chiude la società e rinuncia al giudizio. Rinvii così lunghi non sono un’eccezione: due giorni fa a subire una lunga battuta d’arresto è stato un procedimento pendente davanti alla dottoressa Morrone. Si tratta di una causa per un sinistro stradale con richiesta di risarcimento di 5mila euro. La sentenza di primo grado, emessa dal giudice di pace, è arrivata nel 2009; l’altro giorno il procedimento giunto in Appello, ha registrato un mero rinvio. Se ne riparlerà tra tre anni con udienza fissata al 2019.
Attese così lunghe a volte scoraggiano e, molto spesso, finiscono con l’essere inconsapevoli complici di chi, dalla giustizia lumaca, trova il proprio tornaconto. È il caso di un procedimento intentato dal proprietario di un immobile che da tempo non riceve più il canone di fitto dall’inquilino. Perché possa essere avviata la procedura di sfratto occorrono i tempi tecnici dettati dalla legge: tali termini sono scaduti il 15 settembre scorso. Anche in questo caso il fascicolo è sparito e, ad oggi, il proprietario dell’immobile non può ancora inviare il precetto per «sloggiare» l’inquilino moroso.
«Purtroppo – afferma Balvi, presidente dell’Aiga, l’associazione dei giovani avvocati – il problema è legato alla cronica carenza di personale. Il ministero dovrebbe fare assunzioni massicce di magistrati poiché attualmente, quelli che ricoprono l’organico sono pochi e oberati di lavoro e, a volte, costretti a rinviare procedimenti di anno in anno proprio perché non riescono a smaltire l’arretrato». Viviana De Vita