TERRORISMO: È la cooperazione giudiziaria la risposta «efficace» al terrore (Il Sole 24 Ore)

IL SOLE 24 ORE

Giustizia. Superare l’asimmetria con la collaborazione di polizia e di intelligence
È la cooperazione giudiziaria la risposta «efficace» al terrore

Sab. 19 – ROMA. «Globalizzazione della legalità», «cooperazione giudiziaria internazionale», «norme comuni», «diritto penale europeo»: chiamatela come volete ma è questa l’unica strada vincente contro la minaccia globale del terrorismo e della criminalità transnazionale, evitando, spiega il ministro della Giustizia Andrea Orlando, i «paradossi» e i «rischi» dell’«asimmetria tra la sempre più forte cooperazione di polizia e di intelligence e la non altrettanto forte cooperazione penale e giudiziaria»: il paradosso di creare, in nome della paura a cedere sovranità, una sorta di «Stato di polizia inerziale a livello europeo»; il rischio di non tutelare adeguatamente i diritti fondamentali. Perciò l’Europa deve cambiare passo. E l’Italia – che dopo anni di stasi ha recuperato un ruolo trainante nella cooperazione giudiziaria – deve avere tutte le carte in regola. Molto si è fatto ma molto resta da fare a cominciare dall’adeguamento della normativa interna alla Convenzione di Bruxelles del 2000 sull’assistenza giudiziaria in materia penale: estradizioni, trasferimento dei detenuti, circolazione delle informazioni e delle prove, mutuo riconoscimento dei provvedimenti giudiziari (inclusi sequestri e confisca), squadre investigative comuni. Per 16 anni, governi e Parlamento sono rimasti inerti; solo la scorsa estate la Camera ha approvato il ddl delega per l’attuazione di quella Convenzione e ora manca il sì definitivo del Senato. Che però – dice Orlando non senza una vena di sarcasmo – «sembra avere una particolare propensione all’approfondimento» visto che, a tutt’oggi, il ddl è ancora fermo in commissione Giustizia. «Farò tutto quanto rientra nelle mie competenze istituzionali perché le forze politiche in Parlamento ne comprendano l’urgenza e l’indifferibilità» si impegna il presidente del Senato Pietro Grasso, convinto che «la revisione delle norme processuali interne che regolano i rapporti delle nostre autorità giudiziarie con quelle di altri Paesi sia assolutamente necessaria».
L’occasione è il convegno “La cooperazione giudiziaria nell’era delle minacce globali. La riforma del libro XI del Codice di procedura penale”, voluto dal ministero della Giustizia e al quale hanno partecipato il primo presidente e il Procuratore generale della Cassazione, Gianni Canzio e Pasquale Ciccolo, il Procuratore antiterrorismo Franco Roberti nonché il presidente della Corte dei diritti umani Guido Raimondi. Il quale, nonostante l’inevitabile riferimento, anche se telegrafico, alla recente condanna dell’Italia per la collaborazione data agli Usa nella extraordinary rendition di Abu Omar, ha ricordato che la Corte considera «fondamentale» la cooperazione giudiziaria internazionale nella lotta al terrorismo e «non si immischia nelle scelte sovrane degli Stati» salvo «vigilare» sul corretto funzionamento dei meccanismi prescelti, affinché «non siano pregiudizievoli per i diritti fondamentali dei cittadini». Una vigilanza che per Orlando ha assunto «una rilevanza politica maggiore che in passato», non solo perché la Corte opera in un contesto che va oltre l’Ue ma anche perché, in questa fase storica, è fondamentale avere come parametro la Convenzione sui diritti umani e un giudice che vigili su potenziali «asimmetrie».
Il dato di fatto, premette il capo di gabinetto della Giustizia Gianni Melillo, è che «nessuno Stato è in grado di operare efficacemente con un approccio di autosufficienza», di qui «la ricerca di uno spazio comune» aggiunge Canzio, che poi rilancia la riforma della prescrizione (da sterilizzare dopo la condanna di primo grado). Si associa Roberti, ritenendo che sarebbe un’arma efficace anche nella lotta al terrorismo, come la Procura europea, che invece è stata «progressivamente svuotata» dagli altri Stati. Unanime la necessità di adeguare le norme interne. «Non servono inasprimenti – spiega Orlando – perché destinati a rimanere lettera morta e, quindi, ad aumentare la paura; servono norme comuni, in quanto tali più efficaci contro il terrorismo». Altrimenti, avverte il ministro, si rischia «la reazione populista che oggi sta infiammando l’Europa». Donatella Stasio

Foto del profilo di Andrea Gentile

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