Sentiti in prima commissione sui motivi del trasferimento. A sollecitare le verifiche era stato il consigliere togato del Csm Andrea Nicola Clivio in giugno
Lun.19 – La «fuga di massa» era finita sotto la lente del Consiglio superiore della magistratura in giugno: otto trasferimenti e un pensionamento (ma per «dimissioni» anticipate) in circa sette mesi, al massimo entro la primavera prossima. Con la procura che rimane con 12 sostituti procuratori e settori delicatissimi – come l’antiterrorismo o la pubblica amministrazione – pressoché scoperti. In questo scenario era stato il consigliere togato Andrea Nicola Clivio, membro della terza commissione, a chiedere fosse aperta una pratica per accertare «se una così significativa defezione» dei pm fosse dovuta «al casuale convergere di scelte personali» o se invece «criticità strutturali e ambientali» abbiano influenzato una simile scelta. E fino a che punto. Oltre, naturalmente, perché si valutasse «eventuali misure straordinarie per il funzionamento degli uffici». Nell’ombra, il non sempre facile rapporto con il procuratore capo, con una precisazione, ribadita a gran voce proprio dal Csm: «Questi accertamenti non vogliono essere un processo al dottor Tommaso Buonanno». Chiaro. Una premessa: «Non succede comunque per caso che in nove decidano di andarsene in sette mesi». E un passaggio molto probabile: «Che si decida cioè di sentire i magistrati che hanno chiesto e ottenuto di andarsene per capire cosa li abbia spinti a chiederlo». L’annuncio a giugno. E così è stato.
La terza commissione del Consiglio superiore della magistratura ha convocato quattro dei nove magistrati designati altrove. Nello specifico si tratta di Francesco Piantoni (titolare per anni insieme al collega Roberto Di Martino dell’ultima inchiesta sulla strage di piazza Loggia, andrà alla procura generale della Corte d’appello di Roma), Silvia Bonardi, Leonardo Lesti (entrambi dirottati a Milano, il secondo, titolare di molti fascicoli antiterrorismo, già trasferito) e Michele Stagno (andrà a Genova). Tutti sono stati convocati a Roma affinché chiarissero le loro decisioni. Nessuna denuncia particolare, pare. Quella descritta sarebbe una sostanziale situazione complessiva legata a ragioni familiari e geografiche. Disagio per gli ormai arcinoti carichi di lavoro da più parti (da ultimo in ordine cronologico dal neopresidente della Corte d’appello di Brescia Claudio Castelli) definiti «insostenibili»? Non proprio. Nel senso che certo, impossibile negare che la mole di fascicoli destinati a ciascun magistrato nel nostro distretto siano qualcosa come il doppio della media nazionale. Che il contesto fosse e sia «impegnativo», questo sì, è stato confermato. Ma si tratta del resto di un dato evidente: non a caso, dopo oltre un secolo, il ministro alla Giustizia Andrea Orlando ha ridisegnato la pianta organica degli uffici di primo grado più sofferenti, assegnando 14 nuovi magistrati a quelli Bresciani: 4 pubblici ministeri e 10 giudici.
Le criticità esistono, ma qualcosa si muove. E sembra sia stato spiegato anche al Csm. Che a questo punto dovrà decidere se convocare per un confronto anche il procuratore capo Tommaso Buonanno. Non è escluso, ma non è nemmeno scontato, anzi, visti gli sviluppi. Va considerato peraltro che come da procedura la composizione della terza commissione del Consiglio superiore della magistratura sarà rinnovata alla fine di ottobre: motivo per il quale, generalmente, si tende a chiudere le pratiche già aperte per fare in modo che non gravino sui colleghi che verranno, costretti a ricominciare tutto da capo. Le somme su questa vicenda tutta bresciana – ma che ha solleticato le antenne dell’organo di autogoverno – insomma, dovrebbero essere tirate in tempi abbastanza brevi. Una «grande fuga», quella dalla procura di Brescia, a cui si cercherà di porre rimedio, anche se non sarà affatto facile. L’attenzione del Csm resta comunque alta. Mara Rodella