IL CORRIERE DELLA SERA – Milano
Taglio giudici, scontro istituzionale Tribunale-ministero: «Grave danno»
Il presidente Bichi: «L’efficienza va premiata» Il paradosso Proprio in ragione della sua organizzazione, il Palazzo può perdere cinque magistrati
I giudici di Milano riescono a contenere l’arretrato meglio dei colleghi di altre sedi nonostante un organico di togati e amministrativi insufficiente? Invece di premiare l’efficienza colmando almeno le assenze, il ministero della Giustizia penalizza il Tribunale riducendo il numero dei magistrati. «Un grave danno» che crea una «emergenza», scrive il presidente Roberto Bichi in una nota ufficiale. Qualche mese fa gli ispettori del ministero conclusero quasi increduli che, nonostante le carenze negli organici dei magistrati e del personale amministrativo, a Milano si riescano ad ottenere buoni risultati grazie a un’organizzazione innovativa e alla collaborazione con gli avvocati. Il paradosso è che proprio questo potrebbe ripercuotersi negativamente contro il Tribunale se partirà la nuova pianta organica progettata dal ministero che prevede cinque posti in meno tra i giudici (ora 290, di cui 22 scoperti). Il Consiglio giudiziario sta esaminando il documento e ha chiesto il parere di Bichi, che non poteva che essere negativo. Già l’anno scorso la presidenza aveva notato che c’erano notevoli discrepanze nei metodi di rappresentare l’attività dei vari Tribunali, alcuni dei quali gonfiano i numeri con un grave «effetto distorsivo», dato che è su essi che il ministero disegna gli organici.
Ad esempio, a Milano a causa della carenza di personale non sono state registrate 50 mila tra perizie e traduzioni, a differenza di altre sedi meno in difficoltà dove questi dati compaiono nei registri. E poi, bisogna guardare all’arretrato o all’efficienza? Milano è solo al quinto posto per procedimenti civili pendenti dopo Roma, Napoli, Foggia e Bari, e addirittura il sesto in quelli penali, preceduta perfino da Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e Latina, oltre che da Napoli, Roma e Bologna. La realtà, secondo i vertici giudiziari milanesi, è molto diversa perché per disegnare gli organici bisogna guardare ai nuovi procedimenti che ogni anno arrivano e a quelli che vengono chiusi se non si vuole offrire un «formidabile disincentivo a lavorare». In questo modo, nel civile Milano con 117.042 fascicoli in ingresso è al secondo posto dopo Roma (con 146.295) e prima di Napoli (101.431), ed è seconda anche per i definiti (119.797). Nel penale, invece, va al primo posto per iscritti (62.567) e per definiti (60.529).
Tagliare gli organici vuol dire ignorare che a Milano, scrive Bichi, hanno sede circa 170 mila società di capitali, il 46 per cento del totale italiano e che per ragioni di lavoro, turismo e studio la città ogni giorno accoglie oltre un milione e 100 mila non residenti. La sola realtà economica impone ai giudici di trattare il 25 per cento delle cause italiane di fronte al Tribunale delle imprese, il 70 per cento di quelle sui brevetti e il 90 per cento dell’antitrust, oltre ad un impegno notevole in materia di fallimenti «con impatto e riflessi immediati e diretti sulla quantità e sulla qualità del servizio pubblico di Giustizia». Un «polo giudiziario strategico» dove «si concentrano funzioni pubbliche e competenze giudiziarie di rilievo nazionale» e in cui il servizio giustizia «ha un impatto diretto sull’immagine dell’Italia nell’Europa e nella Comunità internazionale», conclude Bichi, secondo il quale «anche una sola unità in meno provocherebbe un effetto domino» che si riverberebbe su tutta l’attività di un Tribunale che ha bisogno di «un incremento, non certo una riduzione dell’organico». Giuseppe Guastella