LA REPUBBLICA
La storia. Nel capoluogo veneto è in servizio un magistrato ogni 23 mila abitanti, meno della metà della media italiana
Il presidente del tribunale: senza questi contributi non ce la faremmo
Gli alpini per spostare i faldoni e i detenuti a convertirli in file
Vicenza, la giustizia dei volontari
I detenuti mandati a scuola di computer e poi impegnati, in carcere e in tribunale, a scannerizzare i fascicoli. Gli alpini che si occupano fisicamente del
trasloco come volontari. Gli ingegneri e gli architetti a disegnare un po` meglio gli spazi interni. Il palazzo – o meglio, i palazzi – di giustizia di Vicenza, ma anche di Verona, sono in grado di raccontare dal profondo Nord, e dal
ricco Veneto, come il rapporto tra il cittadino e la legge stia talmente dentro una tempesta perfetta che si prova persino a fare un po` a meno di Roma: e del ministero.
Le due città sono divise da 60 chilometri, è sufficiente passare sull`autostrada A4 perché l`occhio si stanchi nel vedere senza pause capannoni, industrie,
aziende agricole. «Ogni tribunale italiano – spiega uno dei magistrati che lavora nello sgarrupato palazzo di Santa Corona, in attesa di trasloco nei quattro edifici della nuova sede – ha una pianta organica. La nostra provincia
ha 860mila abitanti e 36 magistrati. Nel 2013 avevano detto da Roma che saremmo aumentati a 41, mai successo. Per capirci, Verona e provincia hanno
920mila abitanti e 10 colleghi in più. E se in Italia è previsto che ci sia un magistrato in media ogni 11 mila abitanti, qui ce n`è uno ogni 23mila e passa,
forse Treviso sta anche peggio».
Una spiegazione di questo strabismo c`è, anche se è talmente assurda che per carità di patria sarebbe meglio non saperla: «Quei tribunali veneti, così
anche Brescia – spiega il procuratore generale del capoluogo Pierluigi Dell`Osso – sono stati disegnati dal ministero quando le città italiane erano diverse. Cioè, quando Brescia non era la capitale industriale, quando il
Veneto era agricolo…». Insomma, i decenni e le trasformazioni «epocali» sono trascorsi per tutti, meno che per le antiche sfingi di via Arenula.
«Nel marzo 2014 – racconta Fabio Mantovani, presidente dell`ordine degli avvocati vicentini – ero così disperato da lanciare una provocatoria istanza di fallimento al tribunale. Certo, non può fallire, ma volevo testimoniare il nostro stato d`animo. Eravamo da tre anni senza un presidente, mancava il 40 per cento dei magistrati. Sette anni per un giudizio di primo grado.
In più, c`ingessava l`immobilismo politico sul mantenere o meno il tribunale di Bassano o trasferirlo qui. Persino le udienze per il conferimento delle tutele, a difesa dei disabili, saltavano e c`erano le file delle barelle nei corridoi».
Questo scempio, ovunque tragico, è diventato di calore atomico in una provincia dove, come elenca Elisabetta Boscolo, segretaria generale della Camera di Commercio, «il reddito pro capite è di 29mila euro contro una
media nazionale di 26. Anche grazie a circa 100mila imprese che ci mettono al terzo posto italiano per esportazioni all`estero, dopo Milano e Torino. Mentre
il tasso di disoccupazione è del 6,7 per cento contro il dato nazionale 2014 del 12,7». Se dalla Vicenza dei «magna gatti» si emigrava, ora si viene a chiedere
lavoro.
I traslochi, si sa, a volte sono simbolici. Senza dubbio lo è questo in corso nella città del Palladio. Un solo dato basterà: la settimana scorsa, nella vecchia e centrale sede, da oltre dieci senza manutenzione, è stata chiamata la squadra anti-pidocchi. Quindi, dal condominio fuligginoso gli uffici si stanno finalmente trasferendo a Borgo Berga: ma come? Le uniche parole che si ottengono dal presidente del tribunale, l`altoatesino Alberto Rizzo, sono: «Grazie al territorio stiamo risorgendo». Sono stati il volontariato, un po` di soldi per i detenuti, persino l`intervento del CoEspu, una scuola militare dei carabinieri destinata alle forze di pace, a mettere in moto il «risorgimento» locale. Vicenza vede un inedito italiano, che può riassumersi in un «chi può lavora gratis» per il trasloco e chi può (fianco a fianco con i detenuti in semilibertà) trasforma i fascicoli cartacei in file. Il trasloco va avanti
e, nello stesso tempo, prima non arrivavano a una sentenza di primo grado il 67 per cento dei fascicoli, ora il 50.
A conferma di questo attivismo dei veneti, va citato il caso del tribunale del lavoro di Verona: in tabella ci sono tre giudici, ma da tempo il presidente del
tribunale ne ha aggiunto d`autorità un quarto senza aspettare Roma. Come mai? La legge stabilisce che nelle cause di lavoro la prima udienza venga fissata entro due mesi.
Antonio Gesumunno, uno dei quattro, consulta l`agenda: «Appena ricevuto un atto, ho fissato la prima data utile, 27 gennaio 2017. Non c`è spazio prima.
A Milano riescono a stare nei due mesi; sono calibrati sul territorio, qui ogni anno ci arrivano circa mille e 700, 800 cause, ma sempre quattro siamo. Impugnazioni di licenziamenti collettivi, cause per gli appalti, cause per i trattamenti di fine lavoro non pagati…». È lungo l`elenco, nel Nord dove da decenni sembra che per il ministero si possa rispondere come in un negozio: «Non c`è nessuno, passi più tardi». PIERO COLAPRICO