UNIONI CIVILI: Non si scappa dalle unioni civili (Italia Oggi)

ITALIA OGGI

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo: il vuoto normativo deve essere colmato

Non si scappa dalle unioni civili

Va garantito il riconoscimento alle coppie omosessuali

 

 

 

L’Italia viola la convenzione europea dei diritti dell’uomo non tutelando i diritti delle coppie omosessuali. La legislazione italiana, infatti, non solo non soddisfa le necessità di una coppia impegnata in una relazione stabile ma non è nemmeno più di tanto affidabile non garantendo una uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale. È necessario, quindi, che l’Italia provveda a regolarizzare le unioni civili o a introdurre una partnership registrata per riconoscere nel modo legalmente più adeguato le coppie dello stesso sesso.

A stabilirlo la Corte europea dei diritti dell’uomo che, con la sentenza depositata ieri, ha sancito la violazione da parte dell’Italia dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ovvero la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare. La pronuncia trae origine dal ricorso di tre coppie omosessuali tra i 39 e i 56 anni che, a più riprese, tra il 2008 e il 2011 avevano tentato di chiedere il nulla osta per il matrimonio in Italia senza alcun successo. Il primo dei tre casi, però, era stato fatto oggetto di una pronuncia della Corte costituzionale (che, pur negando la possibilità di poter parlare di matrimonio tra coppie dello stesso sesso in Italia, aveva sollecitato il parlamento a mettere mano al problema introducendo una disciplina specifica. Proposito, però, ancora disatteso nonostante, come precisato dalla Corte di Strasburgo, «non solo sondaggi recenti mostrino che la maggioranza degli italiani sia favorevole al riconoscimento legale della coppie omosessuali ma anche numerosi stati (24 su 47) abbiano già adottato una normativa in questo senso». È necessario, quindi, che l’Italia colmi il vuoto normativo che si è creato intorno alla questione senza che, necessariamente, questa sia risolta nel senso di un accesso incondizionato al matrimonio. I ricorrenti, infatti, nell’adire la Corte di Strasburgo lamentavano non solo il mancato rispetto della vita privata e familiare ma anche la violazione dell’art. 12 della Cedu, ovvero, il diritto al matrimonio. A tal proposito la Corte europea dei diritti dell’uomo ha precisato che, «di fatto, l’esistenza dell’art. 12 non impone agli stati membri di garantire a coppie dello stesso sesso il diritto al matrimonio». Una decisione di questo tipo, infatti, secondo la Corte, può spettare solo ai singoli governi dei singoli stati in base al grado di evoluzione del paese sulla materia. Al momento, però, la decisione non è definitiva. Nei prossimi tre mesi, infatti, i ricorrenti così come lo stato italiano potranno chiedere il riesame da parte della Grande Sezione. Resta, però, il fatto che il giudice di designazione italiana, Raimondi, pur riconoscendo che la non estensione del fondamentale diritto al matrimonio rimane una scelta legittima degli stati, ha precisato «come non sia più ammissibile lasciare le coppie omosessuali nel vuoto normativo». Posizione condivisa anche dalla presidente della commissione giustizia della Camera, Donatella Ferranti (Pd), ad avviso della quale «la condanna della Corte spazza via qualunque resistenza al riconoscimento pieno delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. È quindi necessaria la rapida approvazione al senato del testo a firma Cirinnà per eliminare ogni discriminazione nei confronti delle coppie omosessuali. È indispensabile», ha concluso la Ferranti, «che sulle unioni civili il nostro paese si metta al più presto al passo con gli ordinamenti degli altri Stati europei». Beatrice Migliorini 

 

 

 

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